Revisionismo, censura e Resistenza Ho letto "la lettera aperta" di Giovanni Gerbi all'onorevole Galvagno e a me a proposito di "revisionismo ", "censura" e "Resistenza" e rispondo volentieri cosa penso in proposito. Per quanto riguarda la stampa esiste un comportamento arrendevole diffuso, tanto da indurre Papa Giovanni Paolo II a dire: "i giornalisti hanno il grave dovere di resistere alle pressioni di adattare la verità per soddisfare le pretese del potere politico". Non mi pare si sia arrivati alla censura politica, almeno dalle nostre parti, ma per evitare che si scivoli in questa direzione occorre rintuzzare atteggiamenti di sudditanza, estendendo ed intensificando l'attenzione, la vigilanza e l'iniziativa democratica ovunque se ne avverta la necessità. Penso che limitare le libertà democratiche significhi non rispettare le persone, svilire le istituzioni che ne sono garanti, attentare all'essenza stessa della democrazia, perché è come imbrigliare, ottundere il sistema immunitario biologico delle persone, esponendole così alle malattie con scarsa o nulla possibilità di difesa. In questo senso ritengo preoccupanti gli accenni di questi giorni del presidente del consiglio Berlusconi ad una democrazia plebiscitaria, in forza della quale durante il mandato, chi governa dovrebbe rispondere dei propri atti solo alla volontà popolare con le elezioni e non anche alla legge come prevede la nostra Costituzione per tutti i cittadini. D'altro canto sappiamo bene che le libertà democratiche si difendono praticandole, ampliandole, qualificandole e sviluppandole, facendo diventare comportamento consuetudinario e normale prassi di vita la partecipazione delle persone, dei cittadini alla vita pubblica ("la libertà è partecipazione" come cantava Giorgio Gaber). Il fascismo ha violato e viola sempre questa prassi, a volte in modo così profondo e lacerante da richiedere una gloriosa e dolorosa lotta di popolo, la Resistenza, per ripristinare la libertà conculcata. Il revisionismo è il tentativo di rimuovere i fatti storici per sostituirvi ciò che fa comodo. Si tratta di un subdolo modo di operare per indebolire i riferimenti certi (si pensi al "negazionismo", negare cioè l'esistenza della concreta pratica di sterminio di massa svolta nei campi nazisti per l'eliminazione degli ebrei, dei diversi, degli oppositori), sui quali la democrazia costruisce i propri istituti di vita e di governo. Anche il revisionismo si combatte mettendo a nudo le sue contraddizioni, richiamando e praticando la memoria ( il 27 gennaio in questo senso è esemplare), propugnando e sviluppando gli istituti della democrazia a tutti i livelli a partire dalla Costituzione "madre di tutte le leggi" e dalla sua intransigente applicazione pratica. Gli attacchi alla Resistenza, ai suoi uomini e alle sue donne, ai suoi caduti, ai suoi simboli, sono come ha giustamente scritto Gerbi, la nefasta concreta applicazione del binomio "revisionismo" e "censura" : sfumare, mettere in discussione il fatto storico nella sua inoppugnabile essenzialità, ridurne e sminuirne la portata, indebolire l'efficacia dei richiami ad esso, relativizzare tutto, preparano il terreno al ripetersi, certo a livello storico aggiornato, delle condizioni di grave rottura che hanno reso necessario il fatto storico stesso, per ripristinare accettabili condizioni di vita e di sviluppo per tutti: la Resistenza, la lotta di popolo, appunto. L'antidoto anche in questo caso è la memoria del fatto storico, base indispensabile per capire l'epopea partigiana e la Resistenza contro il nazifascismo in Italia e l'attualità del suo insegnamento, rimarcando a quali pericoli e a quanti sacrifici e dolore si va incontro se si tollerano o si è costretti a subire indebolimenti della vita democratica. 3 febbraio 2003 | ||
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